Dopo una decina di anni di sperimentazione, con la pubblicazione di un volume si descrivono i risultati della ricerca e dell’indagine per reperire ed identificare l’antico patrimonio vitivinicolo della Basilicata.
Il valore della ricerca è specificato nel risultato straordinario e sorprendente della scoperta di ben 42 vitigni completamente sconosciuti, individuati tra le circa 480 accessioni reperite negli antichi vigneti della Val d’Agri, del Pollino e del Vulture. Non si era mai sentito parlare finora dei cloni dell’Aglianico, nelle sue varietà Bianca e Dolce-precoce, a testimoniare la grande biodiversità genetica del patrimonio lucano. E poi la Giosana e la Jusana, la Santa Sofia, che hanno gia dichiarato la grande carica aromatica di cui sono in possesso.
L’Alta Val d’Agri, è stata individuata come epicentro del Terzo Centro di Domesticazione della vite, fin dal secondo millennio A.C.e la tradizione della coltivazione incentrata sull’oynotron, il palo di sostegno della vite,fu subito individuato dai greci come la terra dei “pali di vite”, ovvero Enotria. In quest’area si sono svolte indagini interdisciplinari, ampelografiche, storiche e demografiche, per poter avere un quadro il più completo possibile delle antiche cultivar allevate. E cosi La Regione Basilicata, l’ALSIA, Azienda Lucana per lo sviluppo in Agricoltura, ed il Comune di Viggiano, hanno commissionato la lunga e complessa ricerca al CRA-UTV di Turi per il lato tecnico, ed al CNR di Tito, per i riferimenti storici, Istituti, questi, che si sono avvalsi, per le indagini sul territorio, della collaborazione dei soci viticoltori del Consorzio Terre dell’Alta Val d’Agri. E proprio nel Campo dimostrativo dell’ALSIA, in Villa d’Agri, il Comune di Viggiano ha anche finanziato la creazione, in situ, di un campo-collezione del materiale raccolto, per metterlo a disposizione dei viticoltori.
La Val d’Agri è risultata la via principale dei traffici condotti da Enotri, Lucani, Greci e quindi Romani, attraversando un’area rivelatasi di grande interesse economico per questi popoli che vi si erano insediati stabilmente e diffusamente fin dagli albori della civiltà. Gli scavi effettuati dall’ENI lungo il corso superiore dell’Agri hanno riportato alla luce evidenze archeologiche di straordinario interesse culturale, conferendo a quest’area interna della Basilicata, da sempre considerata marginale, un valore socio economico ed antropologico insospettato. Le numerose villae rusticae e le tante fattorie enotrie e lucane, mostrano chiare tracce di tutte le attrezzature impiegate nella coltivazione dell’olivo e della vite, i cui prodotti erano poi inviati nella capitale. Lungo tutto il fiume, di paese in paese, si possono seguire, tramite i cippi di confine,e le lapidi di sepoltura, le tante proprietà delle gens romane, ed una di queste, la gens Allia, imprenditori edili, diremmo oggi, impegnati nella produzione di tegole, ermici e anfore vinarie di terracotta, hanno disseminato tutto il meridione dei loro prodotti, individuabili attraverso i bolli apposti alle loro produzioni e dalle iscrizioni lapidee.
Questa famiglia romana aveva fattorie disseminate lungo tutta la Valle superiore dell’Agri, le cui tracce sono evidenti nel toponimo del Paese di Aliano (appartenenza alla gens Allia), nel nome di un fiume Alli e perfino nel nome di un’uva famosa, identificata come “l’uva coltivata dalla “gens Allia” e quindi Allianica.
La storia che ci racconta l’Archeologo del CNR dott. Stefano Del Lungo nella sezione da lui redatta è interessante ed affascinante e queste brevi notizie non rendono merito al lungo lavoro da lui svolto in collaborazione con il dott Angelo Caputo del CRA e ben spiegato nella pubblicazione che ne racchiude i risultati. Tra gli oltre 40 siti archeologici indagati, tutti dislocati lungo la riva sinistra del fiume, riferiti a sepolture, fattorie lucane ed enotrie, e villae rustcae romane, è di particolare interesse il tracciato della via Herculia, che congiungeva Venusia (Venosa) a Grumentum, e con la Villa rustica della nobile famiglia dei Praesentes, la cui figlia, Crispina, nota come “l’imperatrice lucana”, era andata sposa all’imperatore Commodo.
Quale fosse in realtà l’uva coltivata 2000 anni fa dalla gens Allia, non ci è dato di sapere con certezza, ma sopravvive ancor oggi il suo nome nell’ uva Aglianico, onore e vanto della viticoltura Lucana. Proprio la sua antichità ha permesso di conservare la grande biodiversità della specie, che, con la ricerca del progetto Basivin, ha individuato altre due mutazioni, avvenute nei secoli, del clone che oggi costituisce la maggior parte dei vigneti moderni di Aglianico. La riscoperta di vitigni autoctoni, lungamente ambientati nel territorio,significa riconoscere la grande identità del passato viticolo dell’Enotria, valorizzandola con la comunicazione della profonda identità viticola della Val d’Agri.